“Gli disse che l’amore era un sentimento contro natura, che dannava due sconosciuti ad una dipendenza meschina e insalubre, tanto più effimera quanto più intensa.”
G. G. Marquez, Dell’Amore e Di Altri Demoni
Non è mai solo chi è in compagnia di nobili pensieri.
“Gli disse che l’amore era un sentimento contro natura, che dannava due sconosciuti ad una dipendenza meschina e insalubre, tanto più effimera quanto più intensa.”
G. G. Marquez, Dell’Amore e Di Altri Demoni
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Consiglio, a dire il vero un po’ interessato* visto il mio coinvolgimento, ma comunque sincero e sentito. Per questo week-end trovatevi il tempo di regalarvi una serata a teatro per uno spettacolo degno di nota. Un bel progetto, giovane e corale da sostenere e gustare.
*Interessato perché faccio il piccolo omino che aziona le luci, cosa che comunque c’è scritta sotto insieme a tutte le altre informazioni e alle Note della Regista.
Vi aspetto a teatro!
Regia: Lucrezia Lanza
di: Antonio Di Gioia, Manuele Guarnacci, Lucrezia Lanza, Marta Lapiana
Giacomo Bottoni – Luca Gabos – Carlotta Mangione – Valentina Pacchiele
Marco Palange – Ilaria Pizzi – Federico Pontiero – Paola Simona Pucci
Voce: Marta Lapiana – Musica: Giordano Maselli – Video: Damiano Daresta
Scene: Irene Fiorentini – Scenotecnica: Luigi Lanza
Costumi: Eleonora Casciani– Foto: Claudia Antignani
Disegno Luci: Manuele Guarnacci – Tecnico Luci: Fabio Durastante
Assistente: Alessio Di Pietro – Collaborazione al testo: Angela Giassi – Trucco: Sara Pascolini
Un luogo fisso. Una panchina in un parco, spettatrice muta, di incontri e di amori, nel tempo che scorre. Parlare al suo posto, dare voce alle sue tavole, alle sue viti, raccontare ciò che di bello il destino può far magicamente capitare. Tante storie che narrano della più grande necessità dell’uomo… amare.
Nella natura umana c’è un istinto che ci guida nelle azioni. È la necessità ad imporci delle scelte nella vita. Tutto nasce da un’esigenza, anche l’uomo più apatico ne ha.
A volte è il destino a metterci alle strette. A volte incontriamo qualcuno con una necessità più forte della nostra tanto da influenzarci scatenando in noi una necessità similare. Per me l’amore è questo. È solo una necessità. Abbiamo sete: beviamo. Abbiamo sonno: dormiamo. Ci sentiamo soli: allora prendiamo qualcuno che ci è più vicino degli altri e lo amiamo.
Amare è la più grande necessità dell’uomo. Ne va della sua sopravvivenza come essere umano e del suo essere “vivente”. Dietro ci sono tutte le motivazioni possibili, personali e sociali, che come uomini ci impongono di avvicinarci a qualcun’altro per soddisfarle.
Le persone aiutano le persone e non è un atto benevolo, entrano nelle vite degli altri, per un secondo o un’intera vita: vedono, vivono, agiscono, assaporano, e poi vanno via.
Un luogo fisso: un parco. Personaggi diversi, su tempi diversi, mossi dal bisogno che hanno di “amare”. Spettatrice di tutto questo è una panchina, sempre la stessa, che guarda con occhio esterno quello che i protagonisti, troppo coinvolti, non possono vedere, invidia la loro fortuna, giudica, sentenzia, con occhi, parole e anima…
Parliamo per lei, diamo voce alle sue tavole, alle sue viti, raccontiamo ciò che di bello e bizzarro il destino può far capitare, personaggi ignari in una storia frammentata.
Lucrezia Lanza
15 / 16 / 17 MARZO 2013
TEATRO AURELIO
Largo San Pio V, 4 – Roma (Metro A – BALDO DEGLI UBALDI)
orari: venerdì e sabato ore 21 – Domenica ore 18
costo biglietto: intero 10 euro, ridotto (under 12, over 65) 8 euro, + 2 euro di tessera.
info e prenotazioni: 0698261514 – 3477234102 – info@teatroaurelio.it
www.teatroaurelio.it – progettostabileteatroaurelio.wordpress.com
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“Alcuni dicono che sulla terra nera la
cosa più bella sia un esercito di
cavalieri, altri di fanti, altri di navi,
io invece ciò di cui uno è innamorato.”
Saffo
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“Ci si accorge dell’azzurro – è verità – quando l’amore non può essere che malinconia, quando ogni luogo pare non ospitare più se non malinconia.”
Giuseppe Ungaretti, Un grido e paesaggi 2
http://www.lalibreriaimmaginaria.it/2012/06/ars-amatoria-ovidio/
Quod iuvet, ex aequo femina virque ferant.
Odi concubitus qui non utrumque resolvunt.
Torno di nuovo a chiacchierare amabilmente, recensire un’opera del genere mi sembra sempre troppo immodesto, di un classico: l’Ars Amatoria di Publio Ovidio Nasone (per i feticisti delle date: Sulmona, 20 marzo 43 a.C. – Tomi, 17) . Permettendomi di dire qualcosa al riguardo e di parlare di qualcosa all’intorno. Cominciamo dall’intorno procedendo verso il centro: i classici non li leggono solo i laureandi/ti in lettere o in filosofia. Oramai è un po’ di tempo che mi aggiro per la metro con la raccolta de “I Classici del Pensiero Latino e Greco” messa in vendita dal Corriere e mi è capitato più volte che mi si chiedesse se studiavo lettere, la risposta è no, ma sostanzialmente non è questo il problema. Il problema è che, a quanto pare, nella percezione generale i classici sono materiale da addetti ai lavori che,anche se in un certo senso può essere vero, non ne limita l’uso in esclusiva ai letterati. Chiunque, con un minimo di sensibilità e praticità con la lettura, può cimentarcisi: non mordono, non diventerete ciechi leggendoli e avranno anche qualcosa da dirvi. Levato anche questo macigno dalla scarpa passiamo oltre.
Probabilmente in quest’ottica di fruibilità della letteratura il Corriere ha deciso di mettere in vendita questi edizioni a basso prezzo (1 € + il costo della rivista che non ricordo), sono le ristampe delle medesime edizione BUR, spogliate della loro prefazione originale e con una in versione ridotta preparata ad-hoc per questa edizione. Iniziativa ammirabile che però, si c’è sempre il però, ha qualche pecca:
Finito di girarci attorno, torniamo all’opera in oggetto: l’Ars Amatoria di quel furbacchione di Ovidio, l’opera la cui [singlepic id=448 w=200 h=312 float=right]licenziosità, se vogliamo abbandonarci ad una visione poetica della realtà, gli costo l’esilio ad opera di Ottaviano o che, se vogliamo essere un filino più realistici, servi da pretesto per eliminare il Poeta, impegnato in torbidi affari con la nipote dell’imperatore, a quanto si sospetta questioni di letto e congiure. Quale che sia la vostra interpretazione preferita, questo è uno di quei libri con una bella storia dietro oltre che dentro. L’Ars Amatoria è divisa in tre libri, due dedicati agli uomini ed uno dedicato alle donne, anche se, a dirla tutta, il primo dei tre è quasi più concentrato sull’amore in genere e sul dare qualche lume sui luoghi d’incontro della Roma Imperiale. Dietro ad ogni verso si percepisce e, se ci si lascia un po’ coinvolgere, si riesce a vedere, Ovidio che ride sornione, strizzando l’occhio e con galanteria tocca qua e la argomenti scabrosi, tirando in ballo gli dei, i miti e accennando, più probabilmente simulando, qualche racconto personale. Al di là di qualche tratto tipicamente maschilista alla romano duro e puro, donne carpite con la violenze, il Ratto delle Sabine e qualche amplesso decisamente troppo focoso, tra i versi si aprono scorci su una visione della sessualità che possiamo quasi considerare tra le conquiste del ‘900, a titolo di esempio la citazione in apertura:
Portino insieme l’uomo e la sua donna pari concorso al gaudio dell’amplesso.
Odio l’abbraccio che non dà languore all’una e all’altro insieme.
Oppure ancora:
Correte a fianco a fianco, fino alla meta. Il godimento è pieno quando,
vinti ad un tempo, tu e lei soccomberete insieme.
Siamo sempre in date che vanno tra l’1-3 d.C., tanto per dire: in Galilea si lapidavano le adultere. A tutto questo ci sono da aggiungere consigli sulle pettinature, i luoghi d’incontro, gli abiti più adatti, come scambiarsi messaggi tramite le serve e come sfuggire al controllo di mariti gelosi e padri protettivi. Anche qualche accenno dai filtri d’amore, a base di erbe della tracia e liquidi non meglio precisati di cavalle in calore, ai belletti a base di terre pregiate, sterco di coccodrillo e tanti altri bizzarri rimedi.
Una lettura piacevole, che scorre velocemente e ti lascia sempre con un sorriso divertito. Sempre concludendo a proposito di sorrisi un brando dall’album Sexus et Politica di Giorgio Gaber in cui il maestro ha messo in musica gli ultimi versi del terzo libro dell’Ars:
httpv://www.youtube.com/watch?v=iY6W49V52_o
Recensione pubblicata anche su: http://www.lalibreriaimmaginaria.it/